Salvatore Borsellino: un fiume di memoria e impegno al Liceo Ferraris
"Vengo da voi per prendere la forza di andare avanti a combattere la mafia". Con queste parole rivolte agli studenti e cariche di emozione, Salvatore Borsellino ha dato avvio all’incontro organizzato dal Liceo Scientifico “Galileo Ferraris” di Varese nella mattinata di venerdì 28 marzo 2025.
L’incontro, organizzato nell’ambito delle attività di educazione civica delle classi 3^A, 4^B, 4^C, 4^N, 5^F e 5^H ha visto protagonista per l’Ing. Salvatore Borsellino, fratello del Giudice Paolo Borsellino. L’evento è organizzato con la preziosa collaborazione delle associazioni Su la Testa – APS e Anemos Italia – ODV.
Dopo i saluti istituzionali, ma commossi e partecipati, da parte del Dirigente Scolastico Marco Zago e dei due rappresentanti delle associazioni promotrici dell’incontro, Luigi Piccirillo e Alessandro Guccioni, l’Ing. Salvatore Borsellino ha ripercorso la sua storia personale, segnata dalla perdita del fratello Paolo, ucciso, insieme alla sua scorta, dall’attentato mafioso che causò la strage di via D'Amelio il 19 luglio 1992. Necessario il riferimento al collega e amico fraterno Giovanni Falcone, ucciso nella strage di Capaci il 23 maggio 1992. Salvatore definisce Paolo e Giovanni "fratelli non di sangue, ma di ideali".
Salvatore Borsellino ha parlato del rimorso per non aver compreso appieno il fratello, per non averlo sostenuto nel suo isolamento a Palermo, dove "non c'era lo Stato, c'era la mafia, dappertutto". Ha descritto la rabbia e il dolore, ma anche la determinazione a trasformare la sofferenza in impegno civile. Ha parlato della difficile decisione di lasciare la sua Sicilia quando, appena laureato in Ingegneria elettronica, prese la decisione di trasferirsi al nord in cerca di lavoro, quel lavoro che nella Palermo dominata dalla mafia mai sarebbe stato possibile trovare. E di come questa decisione avesse lasciato Paolo con un po’ di amaro in bocca. Quel fratello che spesso concludeva le loro telefonate con la stessa domanda “Perché non torni?”.
Nel corso del suo racconto, Salvatore ha ricordato i terribili momenti seguiti alla strage di via D’Amelio e, in particolare, il giuramento fatto alla madre, la promessa di non lasciare morire il sogno di Paolo: “una società libera dalla mafia”.
"Se Paolo avesse potuto vedere la reazione alla sua morte, sarebbe stato felice", ha affermato, ricordando la nascita di movimenti come Addio Pizzo, le Donne del Digiuno e le lenzuola bianche esposte ai balconi, simboli di una Palermo che finalmente si ribella alla mafia.
L'incontro è stato anche un'occasione per riflettere sul significato di legalità, che per Salvatore Borsellino non si riduce al mero rispetto delle leggi, ma implica il rispetto della nostra Carta Costituzionale e la lotta contro chi tenta di riscrivere la storia, sminuendo le stragi mafiose.
Dopo il lungo racconto personale e appassionato di Salvatore, c’è stato spazio anche per qualche domanda degli studenti: il pensiero riguardo il discusso arresto di Matteo Messina Denaro, il rapporto con i collaboratori di giustizia, l’aspetto più paterno di Paolo e il suo rapporto con i figli. Salvatore Borsellino ha concluso l’incontro passeggiando tra i ragazzi, per lasciar loro un messaggio di speranza e invitarli a essere protagonisti del cambiamento.
Infine, uno studente rivolge a Salvatore una domanda più personale: “Se Paolo fosse qui ora, cose gli direbbe?”. La risposta sincera e disarmante, come il resto del racconto: “Gli direi molte cose, tutte quelle che non sono riuscito a dirgli quando era ancora in vita”. Salvatore parla di perdono per non aver portato avanti con costanza il suo ricordo e il suo operato in questi anni, ma soprattutto gli racconterebbe con orgoglio della fondazione della Casa di Paolo, presidio di legalità e accoglienza per i bambini di Palermo, un luogo di memoria e impegno sociale creato nell’edificio che un tempo ospitava la farmacia di famiglia. In questo modo potrebbe finalmente dirgli “Hai visto Paolo? Sono tornato”.